Come sono arrivata a scegliere di diventare una libera professionista.

Da oggi inizia ufficialmente la mia vita da libera professionista. Anzi in realtà potremmo dire che è da sabato che questa nuova avventura è iniziata, dato che venerdì 23 Giugno è stato il mio ultimo giorno da dipendente. Vorrei parlarti di come mi sento, di cosa provo, di quali sfide e quali paure stanno costellando i miei pensieri, ma per farlo è necessario che io faccia qualche passo indietro e ti racconti un po’ meglio il mio percorso e come sono arrivata fino a qui. Sei pronta a scoprirlo?


Le consapevolezze, gli inizi, le convinzioni altrui e gli anni che passano.


Sono stata una ragazzina irrequieta, desiderosa di scappare dai miei demoni interiori (n.d.r. Soffro di depressione cronica da quando avevo 12 anni, anche se ora ho imparato a gestirla), convinta che ci fossero solo due cose che potessero salvarmi: l’amore e l’indipendenza. Sulla seconda avevo pienamente ragione, sulla prima anche, ma fino a che non ho compiuto 29 anni non mi è stato chiaro che l’amore doveva venire da me e non dagli altri. Ma tornando al punto, per inseguire quell’indipendenza sapevo che c’era qualcosa che dovevo per forza ottenere: la libertà finanziaria. Per questo a 16 anni ho deciso di iniziare a lavorare.

Prima è stato un lavoro estivo di un paio di mesi come addetta vendita in un negozio, poi è diventato un part-time ogni pomeriggio dopo scuola, dopo qualche lavoretto svolto mentre finivo di diplomarmi e subito dopo, poi un full-time con un ruolo di rilievo nel retail mentre seguivo l’università senza vera passione, dopo la possibilità di entrare a far parte di una multinazionale nel settore beauty e fare un lavoro che mi permetteva di guadagnare bene, muovermi e gestire il mio tempo.

La mia crescita lavorativa è stata veloce all’inizio, dettata dal mio impegno e dal mio desiderio di poter essere libera, tant’è che a soli 23 anni ho fatto un mutuo ed ho comprato una casa.

Nel frattempo ho continuato a studiare, l’ho fatto perché dopo le prime esperienze da dipendente mi era diventato chiaro che desideravo di più per me stessa: volevo poter utilizzare tutte le mie capacità, sia quelle organizzative sia quelle creative; desideravo essere libera di decidere come gestire tempo, energie e risorse; mi piaceva l’idea ed ero capace di gestire altre persone. E così mi sono laureata, ho preso 2 specializzazioni e un master.

Il problema però è che sono una multipotenziale e mi piacevano tante cose, ma non sapevo davvero cosa volessi fare. A parte scrivere. Scrivere era sempre stata una delle mie grandi passioni, il mio filo rosso, che mi aveva tenuta a galla anche nei momenti più bui. Il problema però era che mio padre mi aveva detto fin da quando ero adolescente che non si vive di scrittura, e quando avevo ottenuto il lavoro nella multinazionale del beauty mi ero trovata circondata di persone che mi dicevano che ero fortunata e che sarebbe stato da pazzi lasciare un lavoro così.

Così mi sono detta che forse ero davvero pazza a voler cambiare e più volte ho cercato di mettere a tacere la mia voce interiore ed ho lasciato passare gli anni restando al mio posto.

Pessima idea.


Punto di Rottura Parte 1


Nel 2015 mi sono ammalata. A Ottobre di quell’anno il mio corpo ha iniziato a dare di matto, a mostrare sintomi che non avevano senso, a mettermi in difficoltà. Nel 2016 ho avuto uno dei momenti peggiori nel mio percorso con la depressione cronica, che aveva iniziato a crescere a metà del 2014 fino a scoppiare. Mi era chiaro che qualcosa in me non funzionava. O meglio, non tanto in me, ma nella mia vita. Quello che succedeva al mio corpo e alla mia mente erano solo espressioni di un malessere che vivevo, ma che non riuscivo davvero a riconoscere.

Alla fine del 2014 mi ero laureata e a febbraio 2015 avevo preso la specializzazione come Wedding Planner. In quel momento il peso della promessa che avevo fatto a me stessa tanti anni prima aveva iniziato a bussare alla mia porta: questo lavoro lo gestirò fino alla laurea, poi devo cambiare. Ma come potevo cambiare? Avevo un mutuo, una relazione a distanza, la convinzione che avrei sicuramente fallito che si era presa un posto comodo dentro di me. Non posso, mi ero detta, e il mio corpo e la mia mente erano andate in tilt. Però era davvero così sai? Allora non potevo davvero prendere quella decisione, non ero pronta, non avevo una direzione, non mi amavo.

A inizio 2017 il mio Ex mi ha lasciata dopo che ero appena uscita dall’ospedale per una piccola operazione, dopo che avevo appena passato un mese a casa a causa della mia salute mentale, dopo che mi aveva praticamente giurato amore eterno.

Le conseguenze erano state svariate e positive: finalmente mi ero liberata di un amore tossico, finalmente avevo scoperto di non essermi mai messa al centro della mia vita, finalmente avevo scoperto di potermi amare e di poter essere felice da sola. Quello è stato l’anno migliore della mia vita. In quell’anno sono cresciuta come non pensavo fosse possibile fare, sono uscita dalla depressione, ho iniziato a scoprire che anch’io potevo essere felice, ma a modo mio.

Ho costruito la mia Felicità su Misura su quasi tutti gli aspetti della mia vita. Tranne uno. Il lavoro.

In quel momento più che mai mi sono arresa all’idea che i soldi e il tempo che il contratto a tempo indeterminato mi dava dovessero bastarmi per sentirmi soddisfatta.

Ovviamente non era così.


Punto di Rottura Parte 2


Se la mia salute mentale era migliorata ed io mi sentivo più felice, non potevo dire lo stesso del mio corpo. La mia salute peggiorava e dopo la prima diagnosi di Sindrome di Sjogren, nel 2019 ho avuto anche quella di Fibromialgia. Andare al lavoro a livello fisico diventava sempre più difficile e io non sapevo come migliorare la situazione. E così anche la mia salute mentale aveva iniziato di nuovo a vacillare.

Dentro di me inoltre continuava a brillare quella scintilla che mi diceva che non ero nel posto giusto, così cercavo la mia strada, studiavo, facevo tentativi come organizzatrice d’eventi, provavo a mettermi in gioco senza farlo mai davvero. La verità è che avevo paura. Avevo paura del fallimento. Avevo paura dell’incertezza economica. Avevo paura di perdere la mia indipendenza.

Poi è arrivato il Covid e mi sono ritrovata in cassa integrazione.

Lì, ferma a casa, ho capito tre cose:

  1. Mi è diventato chiaro che ciò che mi faceva stare male dentro e fuori era che non mi stavo ascoltando, non stavo seguendo me stessa, non stavo facendo qualcosa di concreto per cambiare le cose.
  2. Ho scoperto la figura del Life Coach e per la prima volta ho sentito di aver trovato la strada. Volevo fare quello.
  3. Ho compreso che la scrittura e il viaggio erano per me essenziali.

Direzione ed azione.


Sono tornata al lavoro dopo il periodo di stop dettato dalla pandemia e l’ho fatto accompagnata da crisi della mia malattia e da attacchi di panico. Non potevo continuare così. Era tempo di impostare la rotta e iniziare a cambiare le cose:

  • Ho preso la specializzazione come Coach nel 2020;
  • Ho iniziato davvero a mettermi in gioco e a mettere le basi per rendere questo percorso un lavoro e non solo un passatempo;
  • Ho lavorato sul mio mindset per lasciar andare le convinzioni limitanti altrui e per liberarmi dei mie blocchi interiori;
  • Ho lavorato per creare le condizioni giuste soprattutto a livello economico, risparmiando, organizzando, creando altre entrate (se avevo paura di perdere la mia indipendenza era lì il punto che dovevo gestire);
  • Ho aperto Partita IVA a inizio 2022;
  • Ho fatto evolvere il mio ruolo diventano una Life&Travel Coach;
  • Ho ripreso a scrivere dopo un periodo di stop dando spazio ai miei libri e al mio blog;
  • Ho preso la decisione che entro la fine del 2023 mi sarei licenziata.

Punto di Rottura Parte 3


All’inizio del 2023 mi sono data come scadenza Dicembre. A Dicembre avrei lasciato.
Il mio corpo e la mia mente però non erano d’accordo. Ancora una volta i sintomi del malessere sono cresciuti, perché più andavo avanti più mi rendevo conto che nel lavoro che stavo facendo da dipendente mancava qualcosa di fondamentale, che non erano i soldi o il prestigio, ero io.

E allora, grazie anche al sostegno di Boy, ho fatto il punto: ero economicamente pronta a fare il salto? Ero mentalmente pronta a mettermi davvero in gioco? Ero certa di ciò che volevo e che direzione avrei dovuto seguire per ottenerlo?

La risposta è stata Sì. Ed è così che ho deciso che sarei diventata una libera professionista per davvero.


Una nuova avventura.


Quando ho dato le dimissioni ho pianto. Il mio ultimo giorno, venerdì, ho pianto. Era un pianto dispiaciuto di lasciare le colleghe a cui ero più affezionata (che continueranno a rimanere amiche), dispiaciuto di lasciare un mondo che anche se mi andava stretto conoscevo bene, dispiaciuto di dire addio ad un percorso di quasi 13 anni che comunque mi aveva fatta crescere. Ma è stato anche un pianto liberatorio, perché finalmente avevo scelto davvero me stessa.

Come mi sento ora? Le prime settimane dopo aver comunicato che me ne andavo ho avuto paura, soprattutto per i soldi che per me sono sempre stati un punto critico, ora però quella paura non la sento. A volte mi arriva addosso cercando di sopraffarmi, ma io respiro e la metto a tacere: sono consapevole di essermi preparata, sono consapevole di cosa so fare, sono consapevole che l’Universo mi sostiene.

Quindi come mi sento ora? Powerful. Power è la parola che ho scelto per accompagnarmi nel 2023, nella sua dualità: energia e potere. Ed ecco se devo dirti come mi sento ora, io mi sento carica e pronta ad affrontare le sfide che mi aspettano, sento che ho l’energia che mi serve per seguire i miei progetti, sento che ho in me la forza per impegnarmi davvero nel costruire ciò che voglio per me stessa. E sento che finalmente sto dando potere a me stessa, alle mie scelte, alle mie idee, alle mie azioni e ai miei progetti.


Ho ancora paura di fallire? Per risponderti voglio lasciarti la citazione di un libro che mi ha ispirato tanto tempo fa e che ti invito a leggere se desideri diventare anche tu una libera professionista: Boss Girl di Sophia Amoruso (link affiliato).

Quando il tuo obiettivo è guadagnare esperienza, prospettiva e conoscenza, il fallimento non è più fra le opzioni. L’insuccesso è una tua invenzione. Io credo che ci sia una luce in ogni cosa, e una volta che cominci a vederla, avrai bisogno di occhiali da sole per difenderti dal suo riverbero. Chi dà retta a tutto il resto del mondo fallisce, mentre riesce chi ha abbastanza fiducia in se stesso per definire successo e fallimento.

Cosa significa questo? Significa che sono io a definire cos’è il successo e cos’è il fallimento per me. Quindi no, non ho più paura di fallire finché saprò trovare me stessa in quello che faccio.

Lisa Merzi

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